Sunday, February 18, 2007

La notte in cui il mio corpo ha fatto PUM!

Ovvero un’ordinaria giornata bolognese finita in tragedia.

Verso le 19 di due giorni fa sto bevendo una birra con l’amico Mariotto in una traversa di Viale Indipendenza a Bologna. Ho il treno di ritorno per Asti fra non molto, quindi in leggera ansia da ritardo tracanno di corsa la birra rossa a stomaco vuoto. Male, perché appena mi alzo e ci dirigiamo verso la stazione m’accorgo di non averla affatto digerita, i rutti di routine che sanciscono la digestione di ogni cosa che introduco nel mio delicato stomachino hanno dato forfait. Non ci penso e parlotto con Mariotto. Varcata poi la soglia della stazia alzo gli occhi al tabellone e il mio IC plus proveniente da Reggio Calabria ha ore 1 e 30 di ritardo. Le prime bestemmie sono accompagnate da un senso di bruciore in pieno petto che ancora cerco di ignorare, ma grigie nubi di malessere iniziano ad addensarsi sulla mia testa. Salutato Mario mi sposto in sala d’aspetto. Mi rendo conto di non riuscire a stare seduto, passeggio nervosamente avantindrè in vana attesa di digerire. Qualcuno mi guarda storto, e capisco che il mio zampettare, la mia valigetta nera e l’occhio fisso sul monitor arrivi/partenze destino loschi sospetti, alla stazione di Bologna poi non ne parliamo. Passo l’ora e mezza così, consumando il pavimento, mentre una signora in fondo alla sala che s’è sentita male viene caricata sul lettino e fatta uscire. Qui marca male, continuo a ripetermi. Nella mia pancia iniziano sinistri movimenti e la nausea s’accomoda al posto del bruciore. Inizio a cercare la toilette con lo sguardo ma forse il treno sta per arrivare e cazzo se vado ora in bagno valà che lo perdo e zero treni fino al giorno dopo. La paranoia monta ma per fortuna ecco apparire il numero del binario sullo schermo che annuncia l’arrivo del treno. Giungo sul binario e scorgo un vecchio e lercissimo intercity che si trascina agonizzante verso di me. Il tempo di salire, posare giacca e valigia e mi fiondo al cesso. Due secondi dopo il mio stomaco esplode e inizio a dare il meglio di me da ogni uscita che il mio condomino corporeo offra, anche quelle di sicurezza. Naturalmente manca la carta ma previdente mi son portato dei fazzoletti. E mentre son lì, in mezzo al delirio, manca la luce. Mi riassetto come posso ed esco dal cesso nel buio con gli occhi sbarrati, spaventando due tipe appoggiate lì vicino. In fondo al corridoio, fra proteste e scazzi vari, vedo il controllore armeggiare con un cavo penzolante dal pannello elettrico che manda scintille dappertutto. Lo fisso incredulo e mi siedo nello scompartimento, schiacciato dalla nausea. Nell’oscurità maledico la mia passione per “Ai confini della realtà”, visto che parevo sul set di un episodio. Altre scintille saettano nel fondo del vagone. “Qui non potete stare, la carrozza ha avuto un black-out. Spostatevi nella prossima” dice il controllore, mentre continua il duello col serpente elettrico. Raccolgo la mia roba e mi sposto nel primo scompartimento vicino cesso, per ovvi motivi. Sto malissimo, sento freddo e so di essere bianco come un lenzuolo. “Simm’ suu tcenu! Simm’ suu tcenu!” sbraita nel cellulare una donnetta al mio fianco che dalla lingua suppongo originaria della seconda costellazione di Santippe ma invece no, è solo calabrese. La febbre sale e inizio a maledire e odiare di un genuino odio scòzzariano qualunque cosa mi circondi. Torno di corsa in bagno a ridar il mio meglio, e così farò per circa una decina di volte per tutto il ritorno, andando barcollante in cerca di cartigineica (improvvisamente più preziosa dell’oro) di vagone in vagone. Un paio di volte mi sento quasi svenire dalla spossatezza, ma resisto. Asti mi sembra lontanissima, un’ammaliante e traditrice visione nel deserto. E quando poco prima di Piacenza un’altra donna pare sentirsi male nello scomparto vicino (giuro) e si cerca un dottore mi sembra ormai del tutto irraggiungibile. La tipa sta immobile nel corridoio a occhi chiusi e non dice parola. Pare in trance. “Sarà drogata” spara immancabilmente qualcuno. Si fa arrivare un’ambulanza (su cui per qualche secondo penso seriamente di salire) alla stazione di Piacenza, fanno scendere la tipa e si riparte. Io consumo il mio dramma in silenzio, ma è palese che sto di merda. Un ragazzo in fronte a me che scende anche lui ad Asti se n’accorge, mi chiede spesso come sto e mi offre un po’ d’acqua. Un briciolo di umanità in un viaggio da incubo. In prossimità di casa, con due ore di ritardo, debolissimo, ormai uno straccio, telefono al babbo che mi venga a prendere che col cacchio che c’arrivo a casa. Vengo prelevato e ricoverato per quasi due giorni in Clinica Mammapapà, da cui son stato appena dimesso, con lo stomaco ancora sottosopra ma in veloce ripresa.
Che sia stato un virus? Boh. Io comunque la birra NON l’ho digerita.

Conclusioni: grazie ragazzo di Asti, vafanculo Trainitalia e birra rossa Smenabrea.

PS: ho consegnato Grotesque 1 in Coconino e uscirà per Napoli Comicon a fine Aprile.
Alè.

10 comments:

Unknown said...

grazie per la dettagliata cronaca intestinale

Niccolò Storai said...

interessante, spero che tu ora stia meglio..........

smoky man said...

mi associo al corona, sempre delicato ;)

stammi bbbene bello, e non bere + cne non c'hai + il fisico ;)

smok!

Sergio Ponchione said...

Ora sto meglio, graz.

Scusate l'outing sanitario, ma so ke Marcuzzo Corona ci tiene a sapere 'ste cose, e mai vorrei deluderlo.

Per smoky: il fisico non l'ho MAI avuto, sigh.

Unknown said...

sarrebbe stato meglio:LA NOTTE CHE IL MIO (TUO) CORPO HA FATTO PRRRRRRRRRRRRROOOOOOOOOOOOOOT!

Sergio Ponchione said...

See, ma PUM è un'autocitazione di un mio fumetto maltesiano ("Il giorno in cui la mia testa ha fatto P.U.M!") che potrai (ri)leggere su Impronte Maltesi...

Anonymous said...

Caro Poncho, mi sa che eri davvero in un episodio di "Ai confini della realtà". Avresti dovuto guardare se sul tetto c'era un gremlins assatanato che strappava cavi a ripetizione declamando poesie oscene ridendo a squarciagola...
Yeeeez!

Anonymous said...

Ero circondato da gremlins: piemontesi, calabresi, romagnoli ecc che cinguettavano odiosamente in piena salute mentre io mi consumavo sul sedile...

Ci vieni a Napoli ? Anche qui sui viaggi in treno ce ne sarebbe da dire, vero jack?

Anonymous said...

Non nominarmi quell'incredibile e interminabile viaggio in treno per Napoli, Poncho. L'unica cosa positiva, convenimmo entrambi, era quello di essere in due a testimoniare che non era un'incubo ma l'autentica realtà!!!

E niente Napoli quest'anno, stavolta temo dovrai viaggiare senza la mia compagnia :-(

Mastro Alberto Pagliaro said...

cazzo, la vita ti ha umiliato di brutto!
ciao